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KAI - Il Key Actionable Indicator

by Luca Ricci

Sono ormai molti anni che mi occupo di formazione.
Ho tenuto sia lezioni tecniche sulle tematiche digitali, sia lezioni più strategiche, di definizione obiettivi e tattiche per ottenere risultati di marketing.
Non esiste un tema maggiormente ricorrente in questi incontri, rispetto alla definizione chiara e corretta dei KPI.
Avere chiaro il metodo di misurazione del successo porta ad avere approcci chiari, procedure di successo e molto spesso è alla base anche della definizione di uno stack tecnologico.
Sono sicuramente un FAN della North Star Metric e del concetto di focalizzare l'attenzione sulla metrica che conta, come ben spiega l'approccio Lean Analytics.
Negli anni però mi sono reso conto di come una singola metrica possa essere riduttiva rispetto alle complesse dinamiche ed agli obiettivi aziendali.
Per questo, negli anni, ho elaborato un semplice framework a tre KPI, riprendendo anche i concetti di Avinash Kaushik, ma andandoli a semplificare.
Il mio approccio si basa su tre indicatori intimamente connessi fra loro, che ho chiamato KPI, KEI, KAI.
Il primo è noto ai più ormai. E' il nostro indicatore principale e dovrebbe rappresentare al meglio il nostro business.
Nel mio framework questo indicatore deve essere rappresentato da un valore assoluto, non da un rapporto.
Un esempio concreto sono le entrate o il numero delle conversioni.
Credo molto in un valore di questo tipo perchè molto spesso mi sono trovato in situazioni in cui si monitoravano KPI basati su rapporti, ed è molto facile perdere il vero andamento del business.
Vale qui un altro esempio. Prendiamo il ROI come KPI principale. A prima vista ci sembra un indicatore ottimo. Rappresenta la capacità di convertire gli investimenti di marketing in entrate finanziarie.
Sicuramente è una metrica fondamentale, ma siamo sicuri che rappresenti bene l'andamento del nostro business?
Se abbiamo una azienda che investe 10 euro annui ed ottiene da questi 10 euro 1000 euro di profitto, abbiamo un'azienda con ROAS 100.
Siamo sicuri che un'azienda di questo tipo sia maggiormente sana di una che investe 1mln di euro in marketing ed ottiene 2mln di revenue? A parità di margine, i profitti saranno ben diversi così come la dimensione aziendale.
Se avessi 100 euro e li volessi investire in una delle due, sceglierei sicuramente la seconda.
C'è anche un altro problema in un indicatore come il ROI. Un KPI, per essere realmente efficace, deve crescere al crescere del business e diminuire alla sua contrazione. E' abbastanza tipico che all'aumentare degli investimenti, il ROI diminuisca, perchè si andranno a coprire fasi del funnel più alte, più legate ad awareness e brand equity.
Eppure l'azienda sta andando meglio, sta crescendo ed investe in fasi più alte, come mai il nostro KPI scende?
Direi che un KPI di questo tipo non è adatto ad essere la metrica solida con la quale giudichiamo il business, ma non per questo è una metrica di poco valore.
Andiamo alle revenue.
Sicuramente le preferisco come KPI, ma le revenue ad sole non sono sufficienti a far capire realmente l'andamento di un business.
Potrei avere, come nell'esempio di prima, revenue di 2mln ma con bassissimo margine. Sarebbe un bel problema essere riusciti a produrre un ottimo ROI, ma avere costi di produzione e distribuzione che mangiano tutto il profitto.
Dobbiamo assolutamente associare ad un KPI numerico, un indicatore che ci permetta di capire l'efficienza del business. In questo modo potremo essere sicuri di avere un valore dimensionale associato ad un ratio, e la combinazione dei due ci darà una visione molto chiara e solida dell'andamento aziendale.
Chiamo questo valore il KEI, Key Effiency Indicator.
E' ottimo utilizzare una percentuale o rapporto appunto, che sia però intimamente legato con il primo KPI scelto.
Se scegliamo infatti un rapporto poco legato al primo, non avremo una comprensione chiara del business.
Anche qui vale un esempio. Se prendiamo le Revenue ed il Conversion Rate, avremo due buoni indicatori, ma l'uno riesce a spiegare poco dell'altro.
Direi che se scegliamo le revenue come valore principale, è interessante avere ROI o Margine come valori di efficienza.
A questo punto abbiamo creato il nostro framework di analisi con sufficiente semplicità e chiarezza.
Eppure dentro di noi sentiamo che non è ancora abbastanza per descrivere al meglio il nostro mondo.
Abbiamo bisogno almeno di un'altra metrica che ci faccia capire la peculiarità e le caratteristiche del business.
Diciamo che la nostra è una startup e per sua natura avrà dati negativi di revenue e di margine. Senz'altro dovrà lavorare senza sosta per migliorare i due indicatori, ma possiamo dire che l'azienda stia andando male?
Ecco che ci viene in soccorso quello che ho chiamato KAI, il Key Actionable Indicator.
Questo elemento deve indicare con chiarezza un numero che esprima il potenziale di un'azienda.
Questo indicatore ha molti elementi di congiunzione con la North Star Metric del growth hacking, di cui possiamo fare degli esempi.
Ad esempio nei social network si usa spesso la durata della sessione degli utenti.
Questo indicatore non è direttamente di business, ma la dice lunga sulla capacità della piattaforma di tenere ingaggiati gli utenti e quindi sulla sua potenziale crescita.
Un altro esempio, per aziende più mature, potrebbe essere il calcolo delle emissioni di CO2. Immaginate 2 aziende che hanno revenue e margini simili, ma differiscono completamente dal punti di vista ambientale. Quale delle due avrà maggiori possibilità di crescita e sostenibilità futura?

Questo approccio mi ha permesso negli anni di creare sistemi di tracciamento scalabili e duraturi, e spero possa esservi utile per mappare correttamente il vostro business.

Ho da molto in cantiere un piccolo manuale che descrive al meglio il processo di selezione e tutte le implicazioni sulle varie azioni di marketing.
Spero di trovare il tempo di finalizzarlo e scriverlo. Intanto avete questo articolo come riferimento, per entrare nel mondo dei KPI incrociati e del Key Actionable Indicator.